Osservatorio Cineas: il risk management in una fase di incertezza
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L'XII Edizione dell'Osservatorio Cineas sul risk management nelle medie imprese italiane, pubblicata nel maggio 2025, fotografa un panorama complesso caratterizzato da sfide multiple e interconnesse. In un contesto globale segnato da instabilità geopolitica, cambiamenti climatici sempre più evidenti e trasformazioni tecnologiche accelerate, le aziende italiane si trovano a dover navigare in acque particolarmente turbolente. La ricerca, condotta su 350 imprese attraverso interviste online nel marzo 2025, rivela come le organizzazioni stiano adattando le proprie strategie di gestione del rischio per fronteggiare scenari inediti di incertezza.
Scenario di rischio: la complessità del panorama attuale secondo l'Osservatorio Cineas
L'analisi dello scenario attuale evidenzia una molteplicità di rischi che le aziende italiane percepiscono come prioritari per i prossimi dodici mesi. Secondo i dati dell'Osservatorio, le sfide principali si articolano in diverse dimensioni:
- il 36% delle imprese identifica nella gestione efficace del cambiamento la priorità assoluta per affrontare sfide organizzative, tecnologiche e di mercato;
- la medesima percentuale di aziende (36%) pongono l'accento sulla necessità di innovare e sviluppare nuovi prodotti e servizi;
- particolarmente significativo è il dato relativo all'adattamento alle nuove tendenze di mercato e ai cambiamenti nei comportamenti dei consumatori, considerato prioritario dal 35% del campione;
- la riduzione dell'impatto ambientale emerge come preoccupazione per il 35% delle imprese, un dato che riflette la crescente consapevolezza della sostenibilità come fattore competitivo e di compliance normativa;
- l'instabilità finanziaria dei mercati globali preoccupa il 34% delle aziende;
- l'incertezza politica a livello nazionale e internazionale rappresenta una fonte di preoccupazione per il 33% del campione;
- il 33% delle imprese considera prioritario l'investimento in sistemi di sicurezza robusti per prevenire violazioni e attacchi informatici, evidenziando come il cyber sia ormai percepito come un rischio strategico fondamentale.
Questa molteplicità di sfide riflette la natura interconnessa dei rischi contemporanei, dove eventi geopolitici, cambiamenti climatici, trasformazioni tecnologiche e dinamiche di mercato si influenzano reciprocamente, creando scenari di complessità crescente che richiedono approcci di risk management sempre più sofisticati e integrati.
Dazi: impatti economici e strategici sulle imprese italiane
La politica commerciale dell'amministrazione Trump, caratterizzata dall'imposizione di dazi significativi, rappresenta una fonte di preoccupazione concreta per una significativa porzione delle imprese italiane. Secondo i dati dell'Osservatorio 2025, il 65% delle aziende intervistate considera la politica dei dazi Trump un rischio significativo per il proprio business, con percentuali che variano in base alla dimensione aziendale:
- il 56% delle piccole imprese;
- il 67% delle medie aziende;
- il 65% delle grandi imprese esprimono questa preoccupazione.
Le conseguenze previste dalle aziende italiane sono molteplici e impattano sia sui flussi in entrata che in uscita. Il 43% delle imprese anticipa una diminuzione delle esportazioni, mentre altrettante (43%) prevedono un aumento dei prezzi delle importazioni, creando una doppia pressione sui margini operativi. La necessità di diversificare i mercati è percepita come urgente dal 39% delle aziende, che vedono nella dipendenza dal mercato statunitense un fattore di vulnerabilità strategica.
Il 37% delle imprese prevede una minore stabilità economica generale, mentre il 36% anticipa una perdita di quote di mercato estero.
Questi dati evidenziano come la guerra commerciale non rappresenti solo un problema di costi aggiuntivi, ma configuri una vera e propria riconfigurazione degli equilibri competitivi internazionali. Le aziende medie risultano particolarmente esposte, probabilmente per la loro maggiore dipendenza dai mercati internazionali rispetto alle piccole imprese, ma anche per la minore capacità di diversificazione rispetto alle grandi multinazionali.
La sfida dei dazi richiede alle imprese italiane una revisione strategica profonda dei propri modelli di business, spingendole verso una maggiore diversificazione geografica, lo sviluppo di nuove filiere di approvvigionamento e l'adozione di strategie di hedging più sofisticate per mitigare i rischi valutari e commerciali.
Catastrofi naturali: preparazione e protezione nel nuovo scenario climatico
Il tema delle catastrofi naturali assume un'importanza crescente nell'agenda del risk management delle imprese italiane, anche alla luce dell'introduzione dell'obbligo assicurativo contro le calamità naturali a partire dal 31 marzo 2025. L'Osservatorio rivela che il 68% delle aziende risulta già assicurato contro questo tipo di rischi, con differenze significative legate alla dimensione aziendale: solo il 60% delle piccole imprese dispone di coperture assicurative, contro il 68% delle medie aziende e il 72% delle grandi imprese.
Particolarmente interessante è l'evoluzione della consapevolezza sui rischi climatici: il 66% delle aziende ha introdotto sistemi di monitoraggio e rendicontazione degli obiettivi di sostenibilità, principalmente per garantire il rispetto delle nuove normative. Tra i rischi climatici monitorati, emergono i rischi di transizione legati alle nuove normative ambientali o ai cambiamenti nei mercati (54% delle aziende che hanno sistemi di monitoraggio), seguiti dai rischi fisici derivanti da eventi climatici estremi come ondate di calore, alluvioni e siccità (49%).
I rischi reputazionali legati all'impatto sulla percezione pubblica e sulla fiducia dei clienti preoccupano il 39% delle aziende, mentre il 35% monitora i rischi per la supply chain dovuti a interruzioni nella catena di fornitura causate da eventi climatici. Questo dato evidenzia come la gestione del rischio climatico non si limiti più alla protezione diretta delle proprie strutture, ma si estenda all'intera catena del valore.
Il 34% delle aziende che non ha ancora introdotto sistemi di monitoraggio della sostenibilità dichiara di aver scelto di focalizzare le risorse su altre aree strategiche, evidenziando come permanga una certa sottovalutazione dell'importanza strategica di questi aspetti. Tuttavia, la crescente pressione normativa e l'evidenza degli impatti economici dei cambiamenti climatici stanno spingendo sempre più imprese verso un approccio proattivo nella gestione di questi rischi.
Il ruolo strategico del Risk Manager nell'era dell'incertezza
Il Risk Manager si conferma come figura centrale nella governance del rischio aziendale, mantenendo la responsabilità della supervisione del sistema di gestione dei rischi nel 38% delle aziende che hanno implementato metodologie strutturate di risk management. Questo dato, stabile rispetto alle rilevazioni precedenti, sottolinea il consolidamento di questa figura professionale come riferimento specialistico per la gestione dell'incertezza aziendale.
Tuttavia, è significativo notare che il 77% delle aziende intervistate dichiara di possedere un metodo di gestione del rischio, mentre la distribuzione delle responsabilità vede ancora il titolare dell'impresa coinvolto direttamente nella supervisione nel 24% dei casi, seguito dal direttore finanziario/amministrativo (19%) e dal responsabile Internal Audit (13%). Questa distribuzione evidenzia come la funzione di risk management, pur essendo sempre più professionalizzata, mantenga spesso un carattere trasversale e coinvolga diverse figure apicali dell'organizzazione.

L'evoluzione della governance del rischio è testimoniata anche dalla crescente diffusione di modelli di mappatura dei rischi a livello di Consiglio di Amministrazione: il 59% delle aziende nel 2025 ha implementato questi strumenti, in crescita rispetto al 57% del 2024 e al 49% del 2023. Questa tendenza è particolarmente marcata nelle aziende di maggiori dimensioni, dove il 68% delle grandi imprese dispone di tali modelli, contro il 60% delle medie aziende e il 42% delle piccole imprese.

Per quanto riguarda gli investimenti futuri, si prospetta una sostanziale stabilità: il 59% delle aziende prevede che gli investimenti in gestione del rischio rimarranno stabili nei prossimi tre anni, mentre il 23% anticipa un incremento. Particolarmente interessante è il dato relativo alle medie aziende, dove il 24% prevede un aumento degli investimenti, e al settore industriale e commerciale, dove rispettivamente il 25% delle imprese di entrambi i settori si aspetta incrementi negli investimenti dedicati al risk management.
Questa stabilità negli investimenti, in un contesto di crescente complessità dei rischi, suggerisce una maturazione della disciplina del risk management, che si sta consolidando come funzione strutturale piuttosto che emergenziale nelle organizzazioni italiane.