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Direttiva CSRD: nuova rendicontazione societaria sulla sostenibilità

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La direttiva relativa alla comunicazione societaria sulla sostenibilità, Corporate Sustainability Reporting Directive o direttiva CSRD , è il nuovo provvedimento che impone alle organizzazioni di fornire informazioni dettagliate sulle proprie iniziative volte a migliorare la sostenibilità delle proprie attività produttive.
La direttiva punta ad accrescere la responsabilità delle imprese, garantendo una maggiore uniformità delle norme di sostenibilità e facilitando le iniziative di transizione. Le organizzazioni dovranno dunque prepararsi e fare una valutazione dei rischi legati a questo nuovo adempimento e delle responsabilità sottostanti.

Cos'è la direttiva CSRD, Corporate Sustainability Reporting Directive

La Direttiva nasce con l'obiettivo di portare in Europa uno strumento di politica economica necessario alla transizione del proprio modello economico-finanziario verso un sistema fondato sui principi della sostenibilità, nel rispetto degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’ONU, dell’Accordo di Parigi e dei piani di sviluppo Europei a livello sociale, ambientale ed economico, il Green Deal.
Approvata in via definitiva dal Consiglio europeo il 28 novembre 2022, la direttiva comporta l'obbligo di comunicazione, da parte delle imprese, di informazioni

  • sul modo in cui il modello di business incide sulla propria sostenibilità;
  • su come fattori di sostenibilità esterni (cambiamenti climatici, diritti umani ecc.) influenzano le loro attività.

Comunicazioni che in un'ottica di trasparenza sul fronte della sostenibilità ambientale, sociale e di governance, consentiranno a shareholder e stakeholder di fare delle scelte informate anche su questioni qualitative che assumono un peso sempre maggiore.
La Corporate Sustainability Reporting Directive, infatti, va ad aggiungersi ad una serie di norme, che nel tempo hanno integrato le informazioni di carattere finanziario con quelle di tipo non finanziario, per inquadrare in modo più efficace le attività delle organizzazioni anche su altri fronti, individuando imprese e organizzazioni che portano benefici al proprio territorio, al sistema sociale di riferimento e alla comunità in senso ampio.

Direttiva CSRD: quali sono gli obblighi e le imprese coinvolte

La direttiva riguarda grandi imprese e PMI quotate, organizzazioni che per dimensioni e/o coinvolgimento di un azionariato diffuso hanno per loro natura un importante impatto sociale per le proprie attività e sui territori in cui operano.
Gli obblighi di comunicazione riguardano le informazioni relative alle questioni di sostenibilità a 360 gradi, quali diritti ambientali, sociali e umani, unitamente ai fattori di governance.
Dunque sono coinvolte:

  • grandi imprese;
  • società quotate in mercati regolamentati, ad esclusione delle microimprese quotate;
  • le imprese figlie di quelle menzionate ai due punti precedenti, in questo caso la responsabilità fa capo alla casa madre.

Cosa si prevede per le imprese non europee?
L'obbligo di comunicazione, attraverso la presentazione di una relazione sulla sostenibilità sui loro impatti in materia ambientale, sociale e di governance (ESG) come indicato nella direttiva, si applica a tutte le imprese che realizzano ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiori a 150 milioni di euro sul territorio UE e che hanno almeno un'impresa figlia o una succursale nell'Unione europea che supera determinate soglie.

Cronoprogramma di attuazione della Direttiva CSRD


Come detto la Direttiva CSRD è stata approvata il 28 novembre 2022, pubblicata in Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 16 dicembre 2022 ed è entrata in vigore 20 giorni dopo. Gli Stati membri hanno tempo 18 mesi per l'attuazione dopo l'entrata in vigore.
L'applicazione delle nuove norme, poi, seguirà un cronoprogramma che non impone obblighi immediati, ma passaggi che porteranno alla piena applicazione nel 2029, in modo da consentire alle imprese di fare una valutazione dei rischi e delle responsabilità e di adeguare i propri processi anche in un'ottica di raccolta e divulgazione delle informazioni necessarie.
Quattro le frasi previste:

  • 2025, comunicazione sull'esercizio 2024 per le imprese già soggette alla direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario;
  • 2026, comunicazione sul 2025 per le grandi imprese attualmente non soggette alla direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario, che dunque hanno più tempo per adeguarsi;
  • 2027, comunicazione sul 2026 per le PMI quotate, gli enti creditizi piccoli e non complessi e le imprese di assicurazione captive;
  • 2029, comunicazione sul 2028 per le imprese di paesi extra UE.

Tornando alle PMI quotate, il legislatore europeo ha tenuto conto delle loro specificità, dunque ha previsto una deroga (opt-out) nel corso del periodo transitorio, che quindi le esenterà dall'applicazione della direttiva fino al 2028.

 Direttiva CSRD: come dovranno adeguarsi le organizzazioni?


Passando agli impatti pratici della direttiva sulle imprese, emerge che grandi aziende e PMI quotate saranno tenute a fornire una rendicontazione delle informazioni di sostenibilità applicando i nuovi standard, gli European Sustainability Reporting Standards (ESRS) che saranno elaborati dal gruppo di lavoro European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG).
Rendicontazione che, su base volontaria, potrà essere utilizzata anche dalle PMI non quotate che intendono comunque fare un passo avanti sulla propria comunicazione non finanziaria.
La rendicontazione redatta in base agli standard europei dovrà essere pubblicata all'interno di una sezione dedicata della Relazione sulla Gestione già allegata al bilancio annuale che viene pubblicato e consultabile liberamente da tutti gli investitori e portatori di interesse, a garanzia di un’informazione più completa, trasparente e standardizzata possibile.
Le informazioni dovranno essere di carattere quantitativo e qualitativo e analizzare il passato dell'azienda, esponendone anche le prospettive future in un'ottica di breve, medio e lungo periodo.
La nuova normativa richiede poi l'approccio “outside in” e “inside out”, attuando il principio della doppia materialità. L’impresa deve infatti fornire sia le informazioni sul modo in cui gli sviluppi nel campo della sostenibilità influenzano e hanno effetto sull’impresa (la cosiddetta materialità finanziaria); sia quelle sugli effetti che l’impresa stessa ha sull’ambiente circostante (cosiddetta materialità d’impatto).
La CSRD prevede inoltre un obbligo di assurance per il reporting da parte di un consulente indipendente per garantire il rispetto degli standard di reporting di sostenibilità, per garantire ai fruitori delle informative che queste siano accurate e affidabili.
Una direttiva, dunque, che pone alle imprese obbligate una sfida ma anche l'opportunità di guardare in modo più organico alle proprie attività, all'organizzazione interna e all'impatto verso l'esterno, analizzando tutte le possibili responsabilità e rischi connessi, al fine di avere un’importante mappatura delle criticità per porvi rimedio, anche attraverso adeguate coperture assicurative, finalizzate alla protezione del business e alla mitigazione delle possibili conseguenze.

Il ruolo delle assicurazioni nella transizione verso net-zero

Qual è il ruolo delle assicurazioni nella transizione verso la sostenibilità?
“L’attenzione per una crescita sostenibile fa parte del Dna degli assicuratori, che sono in grado di creare valore a lungo termine sia per gli azionisti sia per gli stakeholder, tra i quali, ovviamente, il contesto sociale, il territorio e l’ambiente in cui operano”.
Così afferma Angelo Doni, co-direttore generale di Ania, secondo cui “Grazie al duplice ruolo di investitore istituzionale e fornitore di coperture, il settore assicurativo risulta doppiamente essenziale. Le compagnie possono avere un impatto positivo con la progettazione e offerta di prodotti assicurativi volti a fornire coperture ai rischi Esg, nonché fungere da catalizzatore per orientare la clientela verso comportamenti innovativi e sostenibili”. Nel loro ruolo di investitori inoltre le compagnie possono reindirizzare investimenti pubblici e privati integrando i criteri di sostenibilità nelle loro strategie.
Da una ricerca condotta recentemente da Ania con il Forum per la finanza sostenibile emerge come il settore assicurativo italiano sia ben avviato nell’integrazione della sostenibilità nei processi aziendali (governance, politiche d’investimento e underwriting).
L’impegno del settore è testimoniato anche dall’introduzione, già nel 2012, dei Principle for sustainable insurance (Psi), volontariamente sottoscritti dalle principali compagnie di assicurazione, e l’impegno assunto con la Net-zero insurance alliance (Nzia), partita da otto dei principali assicuratori e riassicuratori del mondo e che oggi conta una trentina di aderenti, guidati dall’impegno di accelerare la transizione verso economie a emissioni zero.

Charlie Langdale, Head of Climate Risk and Resilience di Howden, nel corso di un'intervista rilasciata a Foresightdk.com descrive il ruolo cruciale delle assicurazioni individuando due modi principali in cui le assicurazioni possono contribuire alla sfida climatica.
Dal punto di vista delle soluzioni assicurative, alla scorsa COP27 ha animato una vivace discussione la crescita dell’importanza dell'adozione di polizze parametriche. Ricordiamo che le polizze parametriche sono contratti assicurativi progettati in modo da pagare somme prestabilite per fattori scatenanti (trigger o inneschi) basati sui dati prestabiliti, cambiando completamente il percorso tradizionale che può comportare una valutazione prolungata dei sinistri oltre all'obbligo di provare la perdita.
I trigger parametrici, fattori scatenanti che possono essere precipitazioni eccessive o vento, siccità o l'ampiezza di una nube di cenere vulcanica, consentono dunque di ottenere immediatamente il capitale necessario nelle zone interessate da un disastro, facendo la differenza anche nel modo in cui le organizzazioni umanitarie e i piccoli agricoltori delle nazioni insulari sono in grado di gestire l'impatto dei disastri naturali.
Poi c'è l'altra metà del ruolo delle assicurazioni nella risposta climatica.
Charlie Langdale, afferma:
"L'investimento necessario per una transizione globale verso emissioni nette pari a zero rappresenta la più grande riallocazione di capitale nella storia umana. Ci saranno enormi progressi nella tecnologia energetica. I prodotti innovativi dovranno essere sviluppati e scalati molto rapidamente, il che può amplificare i rischi finanziari. Ciò significa che agli investitori viene chiesto di sostenere istanze che esulano dalla loro normale propensione al rischio. Le banche di solito hanno modelli di propensione al credito a cui i grandi progetti di energia pulita incentrati sulla tecnologia spesso non si adattano. Ma con un uso intelligente dell'assicurazione del credito è possibile progettare polizze a copertura dei rimborsi su base pluriennale e non cancellabile. A garanzia che questi vengano rispettati per tutto il periodo di finanziamento del progetto."
Occorre dunque iniziare a valorizzare il ruolo che l'assicurazione può svolgere nel ridurre i rischi degli forzi profusi per la transizione ecologica. L'assicurazione non è solo una questione di acquisto obbligatorio annuale, spesso disciplinato dalla regolamentazione, ma uno strumento per affrontare la volatilità e i rischi futuri.
Langdale, conclude:
"Le assicurazioni dovranno evolversi insieme a ogni nuova tecnologia o merce. A volte i prodotti assicurativi non sono ancora disponibili, ma concettualmente l'assicurazione è incredibilmente flessibile. Un buon esempio è il mercato volontario del carbonio, in cui una recente innovazione assicurativa sta rendendo le compensazioni più affidabili e commerciabili con le coperture assicurative.
Le assicurazioni hanno oliato gli ingranaggi della rivoluzione industriale: ora è il momento di essere il vento nelle vele della rivoluzione dell'energia pulita."

Qui l'intervista completa a Charlie Langdale, Head of Climate Risk and Resilience di Howden